Analizziamo i costi aziendali. Cosa sono i costi variabili, i costi fissi e i costi totali?
Una delle cose più importanti, che è la base di partenza per poter effettuare il controllo di gestione della propria impresa è inquadrare correttamente i costi aziendali.
Quando ci chiediamo come analizziamo i costi aziendali, o come suddividere gli stessi, in realtà stiamo facendo dei ragionamenti al fine di cogliere degli spunti di miglioramento nella gestione dell’impresa per poter migliorare o la redditività o in certi casi per evitare la crisi.
Par strano ma una cosa così semplice in moltissimi casi viene addirittura sottovalutata.
Distinguere in modo chiaro i costi aziendali, ci aiuta a capire quelle che potrebbero essere le leve di gestione necessarie per un risanamento o per aumentare la redditività dell’impresa.
Oltre a ciò, comprendere la struttura generale dei costi, può avviare una importantissima revisione di tutti i processi decisionali e quindi il miglioramento globale dell’impresa e dei relativi risultati economici.
Non dimentichiamoci mai, che in azienda un costo deve sempre essere visto come risorsa per l’azienda, quindi non dovrebbero esistere costi inutili, ma costi il cui sostenimento deve essere legato ad una specifica finalità aziendale.
Quando in alcune discussioni sento parlare di COSTI INUTILI, non comprendo per quale motivo gli stessi vengono sostenuti. Se taluni costi vengono ritenuti inutili, devono sparire, e non essere neanche discussi.
Come suddividere i costi aziendali per il controllo di gestione?
Analizziamo i costi aziendali partendo da una suddivisione molto semplice ed efficace.
Con riferimento alla variabilità dei costi rispetto alla produzione o al fatturato, i costi si suddividono in costi fissi, costi variabili e costi totali.
I costi fissi sono quella categoria di costi che non subiscono nessuna variazione (almeno nell’anno) al variare della produzione, e questo implica che sono costi che bisogna sostenere anche se il fatturato sarà pari a zero. Se si producono 100 o 1000 unità di prodotto, l’ammontare dei costi fissi non varierà.
Questi costi, vengono anche definiti “costi di struttura” perché da quando li si ha definiti restano tali e non si modificano. Pensiamo ad esempio a quei costi di carattere generale che devono essere sostenuti e che non rientrano nei costi della produzione (servizi amministrativi generali, utenze telefoniche, assicurazioni, affitti passivi, etc).
Ad esempio se acquistiamo un macchinario il cui costo è pari a 10.000 (e non importa se lo paghiamo subito o facciamo un mutuo) e prevediamo che possa essere utilizzato nell’impresa per 10 anni, ogni anno avremo un costo fisso di euro 1.000, a prescindere da quanti prodotti produrremo e venderemo.
I costi variabili invece variano a seconda della quantità di produzione. Questo significa che se la produzione è nulla i costi variabili saranno pari a zero. Più aumenta la produzione e più aumentano i costi variabili in modo proporzionale. Ad esempio, un costo variabile tipico, è la materia prima necessaria per produrre un determinato bene, oppure il costo del prodotto da acquistare per essere commercializzato, oppure ancora il costo da sostenere per affidare all’esterno alcune fasi della produzione, oppure il costo della provvigione all’agente etc.
I costi totali, sono semplicemente la somma dei costi fissi e dei costi variabili.
Con questa prima impostazione con cui analizzare i costi aziendali, possiamo iniziare a calcolare un importante margine economico della gestione aziendale, e cioè il MARGINE DI CONTRIBUZIONE, che ci indica quanta parte dei ricavi rimane dopo che abbiamo coperto tutti i costi variabili.
Il Margine di contribuzione è semplicemente la differenza tra i Ricavi e i Costi variabili.
Per un imprenditore è di fondamentale importanza effettuare la distinzione dei costi aziendali, poiché attraverso questa analisi si riesce a comprendere la dinamica che la produzione o il fatturato deve avere per guadagnarci e non chiudere in perdita.
Molto spesso, alcuni imprenditori, dicono che ci guadagnano o ci perdono guardando solamente la differenza tra i ricavi e i costi variabili, e cioè andando a guardare come visto prima il Margine di Contribuzione, mentre invece si deve fare sempre la differenza tra i Ricavi e i Costi totali. Infatti la differenza tra Ricavi e Costi totali è il REDDITO OPERATIVO che è il vero risultato della gestione.
Per il controllo di gestione, come vedremo in altri approfondimenti, gli elementi discussi con questo articolo sono di fondamentale importanza.
Grazie Antonio, le discussioni che porti sono sempre interessantissime. Riduzione dei costi come secondo punto per contrastare la crisi? Secondo me deve essere primo ex aequo con l’aumento (o la tenuta) delle vendite. La crisi ci ha portato comunque qualcosa di molto buono, bisogna riconoscerlo: in azienda non si può più improvvisare. Per aumentare le vendite ci vuole non il “fiuto” ma un adeguato piano di marketing e, soprattutto, la ferrea esecuzione dello stesso. Per ridurre i costi è necessaria una assoluta competenza soprattutto nelle operations. Sapere quello che si fa, sapere dove si va a toccare (nel P/L, intendo). Il tutto va incorniciato in un business plan adeguato, che è sempre molto difficile costruire. Io mi chiedo perché, nonostante molte aziende stiano chiudendo, ci sia ancora così tanta approssimazione nel riconoscere questi punti fondamentali e perché queste key competencies non siano affidate a manager PROVATAMENTE competenti. E’ una conclusione amara, lo so, indotta dalla lettura degli annunci di selezione che mi capita di leggere: “cercasi manager,…, 15 anni di esperienza (leggasi, purtroppo: abitudine)…”. Molti di questi managers con grande esperienza sulle operations, l’ho constatato personalmente, non sanno neanche leggere il conto economico. Su questo fatto, credo, abbiamo molte delle risposte al fatto che la crisi sembra non finire.
Caro Flavio, grazie a te per i temi che introduci che francamente meriterebbero molto più spazio.\nHo scritto che è il secondo punto, poichè sono fermamente convinto che prima di tutto è assolutamente necessario verificare se il prodotto/servizio dell’impresa abbia ancora dei plus.\nPrima di inforcare la strada di una mappatura dei costi, è sempre meglio andare a verificare il prodotto e il mercato, poichè se quel prodotto necessita di interventi o una migliore visibilità in termini di marketing, è quella la prima cosa da fare.\nHai parlato di un piano di marketing e della sua ferrea esecuzione e io lo condivido.\nMa quanti sono coloro che per migliorare la propria impresa partono dal mercato?\nQuanti sono coloro che a causa di un vento a favore durato moltissimi anni e che è da quando nel 2007/2008 ha smesso di soffiare, sono corsi a guardare di nuovo al mercato per comprenderne le nuove necessità?\nQuell’approssimazione di cui parli tu, in realtà non è approssimazione, ma semplicemente la traduzione del “e vabbè” oppure del “ma si tanto” oppure ancora del “si, ma, però” e potremmo continuare.\nIo dico che il cervello dei nostri imprenditori che meritano il rispetto per come hanno saputo rischiare, non lo si può mandare in pensione, poichè crollerebbe l’intero sistema.\nQuindi:\nC’è un nuovo vento e il mare è mosso, prepariamo la barca ad affrontare questa situazione, e mettiamoci dentro tutto!
Carissimo Antonio, condivido in pieno. Mi faceva sempre un certo effetto pensare che, in molte piccole imprese sul territorio, non esisteva neppure un reparto commerciale! Significa non cercare neanche di capire cosa il Cliente vuole, avendo la presunzione che quello che gli si dà va bene. Mike Duke, CEO di Walmart, diceva: “in una impresa esiste un’unica persona in grado di dare ordini al CEO: il Cliente”. n1) Analizzare la catena del valore del Cliente (tocca al Marketing); n2) Battere quel punto specifico in cui sono in grado di portare il massimo del valore (Marketing + R&D+Commerciale); n3) Portare effettivamente quel valore con il migliore compromesso fra le esigenze del Cliente (Operations) e dell’impresa (Accounting & Finance): miglior rapporto qualità/costo. Sembra una ricetta banale e scontata, eppure è difficilissimo realizzarla. E molto spesso perché non c’è la volontà di realizzare le sinergie necessarie fra i vari dipartimenti aziendali.
Ocio Flavio che qui sono in molti ad essere permalosi. \nHai perfettamente ragione, ma quelle tue osservazioni devono essere calate nel contesto delle nostre piccole imprese. \nQuelle figure nelle realtà italiane sono poco diffuse e credo che tutto sommato quando le cose andavano bene, nessuno ne ha mai sentito la mancanza. \nI nostri imprenditori hanno fiuto da vendere, ma il problema è che spesso, in azienda, non hanno delle risorse umane moderne e motivate.\nNell’area amministrativa, ad esempio (mia analisi concreta) l’impiegato/a passa in una settimana circa 20 ore a mettere a posto scartoffie e fare l’archivio più bello del mondo ma che può essere consultato per la sua complessità soltanto dalla Sciura Maria. \nCirca 10 ore a rendere complicate le cose semplici (la Sciura Maria usa il motto io sono stata abituata a fare le cose per bene…..).\nCirca 5 ore a boicottare qualunque iniziativa finalizzata all’acquisto di un gestionale integrato (la Sciura Maria è gelosamente conservatrice e scrive tutto su carta o personalizza a suo uso e consumo fogli di excel complicatissimi). \nLe ultime 5 ore a chiedersi come preparare un piano finanziario per il cash flow aziendale, che poi è quello che interessa all’imprenditore (la ricerca della perfesione della Sciura Maria fra 20 anni troverà un modello adatto a rappresentare il cash flow, ma l’azienda sarà già fallita!). \n…..
Mi riconosco in pieno in quanto dici e propongo due modesti suggerimenti: n1) Imprenditori. Se i dipendenti non sono motivati è colpa vostra: motivateli. Molto spesso basta perdere mezza giornata all’inizio dell’anno a discutere il business plan facendo vedere che ognuno ha il suo posto nell’organizzazione per il conseguimento di risultati ambiziosi e un’ora al mese per fare il punto della situazione sull’esecuzione valorizzando il contributo che ognuno ha portato. n2) modernizziamo il “modello nord-est”. Le competenze ce le abbiamo, abbiamo gli imprenditori ed abbiamo i manager (mancano le banche, e non è poco purtroppo… impariamo a fare fund raising all’estero: Russia, Cina ed EAU sono dispostissimi ad investire sull’eccellenza!). Cosa ci manca per ripartire?
Cercavo su internet alcuni esempi sui quali possono essere i costi fissi e quelli variabili di un impresa e questa definizione è la migliore che abbia mai letto. Grazie all’esempio ho capito realmente quali sono i costi fissi.
L’analisi prospettata è molto interessante e condivido che talvolta in azienda, sono proprio le cose semplici che non vengono fatte. In effetti da parte di moltissimi consulenti, vengono spacciate cose semplici in modo complicato e ad esempio la suddivisione dei costi come nell’esempio dell’articolo è molto interessante per avviare un percorso di verifica dei punti critici dell’azienda. Da responsabile amministrativo sono ben felice che si possa fare questa analisi in questi termini. Grazie per la chiarezza