I nuovi Indici di Affidabilità Fiscale e le nuove strategie dei controlli fiscali dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza

Gli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA) elaborati mediante analisi economiche e tecniche statistico matematiche, consentono di esprimere, su una scala da 1 a 10 il grado di affidabilità fiscale riconosciuto a ciascun contribuente.

Sono un nuovo strumento di conformità fiscale finalizzato, nell’ambito del percorso di rinnovamento dei rapporti tra cittadini e amministrazione finanziaria, a favorire l’emersione spontanea di basi imponibili, a stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari e a rafforzare la collaborazione tra i contribuenti e la Pubblica Amministrazione.

Gli ISA rappresentano la sintesi di indicatori elementari volti a verificare la normalità e la coerenza della gestione aziendale o professionale, anche con riferimento a diverse basi imponibili.

Il contribuente, tramite l’applicazione degli ISA, può verificare in fase dichiarativa, il proprio grado di affidabilità fiscale in base al posizionamento su una scala di valori da 1 a 10 (10 corrisponde al punteggio di massima affidabilità).

Il contribuente che applica gli Isa e compila il relativo modello otterrà, pertanto, quale risultato un voto che esprime su tale scala di valori un giudizio di affidabilità fiscale. Tale giudizio, oltre che dei dati dichiarati nei modelli Isa, tiene anche conto della storia del contribuente attraverso il ricorso a dati desunti dai modelli dichiarativi di annualità precedenti (ad esempio, i ricavi, le rimanenze, il reddito, eccetera) e a informazioni provenienti da altre banche dati (ad esempio, dati desunti dai modelli Certificazione unica presenti in Anagrafe tributaria o desumibili dal modello Registro locazioni immobili).

In relazione ai diversi livelli di affidabilità fiscale conseguenti all’applicazione degli ISA, determinati anche per effetto dell’indicazione di ulteriori componenti positivi, al contribuente, sono riconosciuti importanti vantaggi e benefici.

Gli ISA trovano applicazione a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31/12/2018 (quindi la loro prima applicazione sarà per l’anno d’imposta 2018) e sostituiscono gli studi di settore.

Con questo nuovo strumento, che ha sostituito gli studi di settore, si abbandona il meccanismo presuntivo del reddito congruo per passare al meccanismo di stabilire il grado di affidabilità fiscale del contribuente.

  • con gli studi di settore, il contribuente era tenuto a dichiarare dati ed informazioni per definire una redditività presunta;
  • con il nuovo sistema ISA, il contribuente dovrà comunicare dati ed informazioni per poter accedere ad un regime premiale sulla base del punteggio assegnato di affidabilità.

L’Agenzia delle Entrate ma anche la Guardia di Finanza, ai fini della definizione delle specifiche strategie di controllo basate su analisi del rischio di evasione fiscale, terranno conto di un livello di affidabilità minore o uguale a 6, al fine di individuare le proprie strategie di controlli e ispezioni fiscali.

Prelievo di contanti dal conto corrente sotto osservazione per importi superiori a 1000 euro

Il prelievo di contanti dal conto corrente così come l’utilizzo del denaro contante nelle transazioni è da molti anni sotto osservazione, e la legge in diverse occasioni ha previsto specifiche disposizioni normative per la sua limitazione alla circolazione ed al suo utilizzo.

Il presente approfondimento, non riguarda il divieto di effettuare pagamenti in contanti tra soggetti privati per importi pari o superiori a 3.000 euro, ma il prelievo di denaro contante dal conto corrente o dagli sportelli automatici con carte di credito, bancomat o strumenti analoghi.

Prima di tutto, è necessario evidenziare che la legge non prevede un divieto di prelievo di contanti dal conto corrente, e quindi non esistono sanzioni pecuniarie legate alla circostanza che un soggetto si rechi presso uno sportello bancario ed effettui per le sue necessità un prelievo di contanti.

In molti casi, anche a causa di una informazione spesso distorta, presentandosi allo sportello bancario per effettuare un prelievo di contanti, vengono sollevate dall’impiegato bancario diverse questioni, che se relative alla circostanza di non disporre della relativa provvista, appaiono anche giustificate.

Sul prelievo di contanti dal conto corrente, attualmente esistono due disposizioni di legge ben precise, e che riguardano la possibilità da parte delle Autorità fiscali ed investigative, di poter monitorare tali flussi finanziari ed eventualmente rilevare anomalie.

Prelievo di contanti dal conto corrente sospetti

La prima disposizione normativa, è relativa al contenuto previsto all’art. 35, comma 1, del D.Lgs. 231/2007, secondo cui il ricorso frequente o ingiustificato ad operazioni in contante, anche se non eccedenti la soglia di 3.000 euro e, in particolare, il prelievo o il versamento in contante di importi non coerenti con il profilo di rischio del cliente, costituisce elemento di sospetto di riciclaggio o di finanziamento al terrorismo.

Questa disposizione normativa, non dice che non si possa effettuare un prelievo di contanti dal conto corrente, ma soltanto che la banca, in base alle informazioni che ha del cliente e della sua operatività, in caso di anomalie, e senza poterlo comunicare al cliente (poichè nel caso in cui venga riferito al cliente l’impiegato rischia l’arresto e una sanzione che può arrivare fino a 30.000 euro), è obbligata ad effettuare una segnalazione che potrà portare ad indagini da parte della Guardia di Finanza o da parte della Direzione Investigativa Antimafia.

In altre parole, la legge in commento, stabilisce che se il prelievo di contanti allo sportello viene effettuato per importi modesti e comunque legata alla normale operatività del cliente, non vi saranno problemi, in caso contrario, la banca sarà obbligata, e senza poterlo riferire al cliente, ad effettuare una segnalazione per l’operatività sospetta del cliente.

Accertamento fiscale da prelievo di contanti dal conto corrente

La seconda disposizione in commento è quella prevista dall’art. 32 del Dpr. 600/1973, secondo cui i prelievi di contanti dal conto corrente per importi superiori e euro 1.000 giornalieri e, comunque a euro 5.000 mensili, costituisce elemento di attenzione in termini di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate.

In pratica la norma in commento, per il tramite del monitoraggio dei flussi finanziari da trasmettere all’anagrafe dei rapporti finanziari da parte delle banche, stabilisce che i prelievi di contanti giornalieri superiori a 1.000 euro o comunque nel mese di 5.000 euro, costituisce elemento di approfondimento ed analisi da parte dell’Agenzia delle Entrate ed anche del sistema degli approfondimenti investigativi da parte della Guardia di Finanza.

Tale norma, di particolare attenzione per le imprese, presuppone che il contribuente, potrebbe essere chiamato a giustificare i prelievi sopra le soglie indicate, esibendo, trattandosi di soggetti tenuti alle scritture contabili, i relativi giustificativi a sostegno, e nel caso di impossibilità di una adeguata e puntuale evidenza, la legge prevede una presunzione di reddito particolarmente complicata da confutare.

La casistica in argomento, di grande attenzione per le imprese, prevede che ogni volta che si effettuano prelievi di contanti dal conto corrente o a mezzo carta di credito e strumenti simili, nella contabilità vengano forniti i relativi giustificativi, che possono essere tra l’altro ad esempio eventuali scontrini fiscali o fatture, spese documentate da regolare nota di rimborso spese per viaggi e trasferte etc etc.

Prelievo dal conto corrente e appropriazione indebita

Sia chiaro, che nel caso in cui vengano effettuati prelievi di denaro contante anche inferiori alle soglie di cui sopra da parte degli amministratori delle società, senza titolo o senza adeguati supporti documentali a sostegno, si rischia di incorrere nel reato di appropriazione indebita o nei casi di fallimento della società nelle ipotesi di distrazione fraudolenta.

Infatti, l’amministratore di società di capitali o di persone, che si occupa della gestione dell’impresa, può utilizzare il denaro della società solo per soddisfare gli interessi dell’ente, e se usa il denaro proveniente dai conti correnti della società (o qualsiasi altro bene di proprietà della società) per scopi personali o di soggetti terzi, commette il reato di appropriazione indebita punito con la reclusione fino a tre anni.

 

Notifica degli atti tributari ai contribuenti a mezzo PEC con decorrenza dal 01/07/2017

L’art. 60 del DPR 600/73, concernente la notifica degli atti tributari ai contribuenti, è stato modifi­cato dall’art. 7-quater co. 6 del DL 22.10.2016 n. 193 (conv. L. 1.12.2016 n. 225).

In particolare, è stato inserito il nuovo co. 7 che consente la notifica degli atti tributari ai contribuenti diret­tamente nella propria casella di posta elettronica certificata (PEC), senza ulteriori co­mu­ni­ca­zioni o trasmissioni con modalità cartacea e postale da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Al momento la disciplina della notifica degli atti a mezzo PEC è disciplinata dai seguenti provvedimenti:

  • Art. 60 co. 7 del Dpr 600/73
  • Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 44027 del 3/3/2017
  • Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. n. 120768 del 28/06/2017

Decorrenza delle nuove norme sulla notifica degli atti tributari ai contribuenti

Ai sensi dell’art. 7-quater co. 7 del DL 193/2016, le modifiche non hanno trovato immediata ap­pli­ca­zione: la decorrenza della nuova disciplina è stata prevista con riferimento alle notificazioni degli avvisi di accertamento e degli altri atti che per legge devono essere notificati ai contribuenti a decorrere dall’01/07/2017.

Per gli avvisi e gli altri atti che per legge devono essere notificati fino al 30.6.2017, si applica la disciplina vigente prima del 3.12.2016 (data di entrata in vigore della L. 225/2016, di conversione del DL 193/2016).

Notificazione a mezzo PEC di altri atti (cartelle di pagamento e atti catastali)

Si ricorda che l’art. 26 co. 2 del DPR 602/73, così come modificato prima dall’art. 14 co. 1 del DLgs. 24.9.2015 n. 159 e, da ultimo, dall’art. 7-quater co. 9 del DL 193/2016, ha previsto la pos­si­bi­lità di notificare a mezzo PEC la cartella di pagamento all’indirizzo del destinatario:

  • da un lato, risultante dall’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC);
  • dall’altro, dichiarato all’atto della richiesta, per i soggetti non obbligati ad avere un indirizzo di PEC.

La norma, a sua volta, rinvia all’art. 60 del DPR 600/73.

Secondo quanto, poi, precisato dall’art. 7-quater co. 10 del DL 193/2016, le notificazioni delle cartelle e degli altri atti della riscossione, ove eseguite nel periodo dall’1.6.2016 al 3.12.2016 (data di entrata in vigore della L. 225/2016, di conversione del DL 193/2016) con modalità diverse dalla PEC, sono rinnovate mediante invio all’indirizzo di PEC del destinatario; i termini di impugnazione degli atti decorrono, in via esclusiva, dalla data di rinnovazione della notificazione.

Inoltre, le disposizioni di cui all’art. 60 co. 7 del DPR 600/73 si applicano anche con riferimento alle notificazioni degli atti relativi alle operazioni catastali e alle correlate sanzioni, che per legge de­vo­no essere notificati ai soggetti obbligati alle dichiarazioni di aggiornamento. L’art. 7-quater co. 11 e 12 del DL 193/2016 ha, infatti, riconosciuto – a decorrere dall’1.7.2017 (co. 13) – la possibilità per tale notificazione di essere eseguita direttamente dal competente ufficio, oltre che con le modalità già previste, anche a mezzo di PEC all’indirizzo risultante dagli elenchi istituiti a tale fine dalla legge.

La notificazione, qualora rivolta alle Pubbliche Amministrazioni, può essere effettuata all’indirizzo risultante dall’“Indice degli indirizzi delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi” (art. 6-ter del DLgs. 7.3.2005 n. 82, Codice dell’Amministrazione digitale, CAD).

Utilizzo della PEC per la notifica degli atti tributari ai contribuenti

Secondo quanto previsto dall’art. 60 co. 7 primo periodo del DPR 600/73, la notificazione “può es­sere effettuata direttamente dal competente ufficio” a mezzo PEC, secondo le modalità previste dal regolamento di cui al DPR 11.2.2005 n. 68 (relativo, in generale, alle caratteristiche e alle mo­da­lità per l’erogazione e la fruizione dei servizi di trasmissione di documenti informatici mediante la PEC).

In considerazione del tenore letterale della disposizione, si tratta di una facoltà per l’Ufficio che, dun­que, potrà continuare ad utilizzare anche le altre specifiche modalità di notifica previste per la notificazione degli atti tributari dall’art. 60 del DPR 600/73.

La disposizione viene prevista in deroga all’art. 149-bis c.p.c. (relativo alle notificazioni a mezzo PEC nel procedimento civile) e alle modalità di notificazione stabilite dalle singole leggi d’imposta non compatibili con la suddetta normativa.

Modalità di notificazione a mezzo PEC e soggetti desti­na­tari

La disciplina sulle modalità di notificazione degli avvisi di accertamento e degli altri atti è contenuta nell’art. 60 co. 7 del DPR 600/73, con una distinzione rispetto ai destinatari degli stessi.

Più precisamente, le notificazioni a mezzo PEC possono riguardare le seguenti categorie di soggetti interessati:

  • soggetti obbligati ad avere una PEC (primo periodo);
  • soggetti non obbligati ad avere una PEC, che ne facciano però richiesta (sesto periodo).

Soggetti obbligati ad avere una PEC

L’art. 60 co. 7 primo periodo del DPR 600/73 prevede la possibilità di utilizzare la notificazione degli avvisi e degli altri atti a mezzo PEC nei confronti di:

  • imprese individuali e costituite in forma societaria;
  • professionisti iscritti in albi o elenchi istituiti con legge dello Stato.

Le notificazioni devono avvenire all’indirizzo del destinatario risultante dall’“Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata” (INI-PEC), la cui consultazione ed estrazione è consentita all’ufficio, anche in forma massiva (art. 60 co. 7 secondo periodo del DPR 600/73).

Casella PEC satura o indirizzo non valido o inattivo

L’art. 60 co. 7 terzo e quarto periodo del DPR 600/73 prevede le ipotesi particolari in cui la casella di PEC del destinatario dovesse essere satura o l’indirizzo di PEC risulti non valido o inattivo.

Più precisamente, qualora:

  • la casella di PEC risulti satura, l’ufficio deve procedere con un secondo tentativo di consegna decorsi almeno 7 giorni dal primo invio;
  • la casella di PEC sia ancora satura dopo il secondo tentativo o l’indirizzo di PEC non risulti valido o attivo (già al primo tentativo), l’ufficio deve provvedere:

–       alla notificazione mediante deposito telematico dell’atto nell’area riservata del sito Internet della società “InfoCamere Scpa” e alla pubblicazione, entro il secondo giorno suc­cessivo a quello di deposito, del relativo avviso nello stesso sito, per la durata di 15 giorni;

–       alla comunicazione al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto con lettera racco­mandata, senza ulteriori adempimenti a proprio carico.

Effetti della notificazione degli atti tributari ai contribuenti

L’art. 60 co. 7 quinto periodo del DPR 600/73 disciplina gli effetti della notificazione avvenuta a mezzo PEC ai fini del rispetto dei termini di prescrizione e decadenza.

Nel dettaglio, la notificazione si intende perfezionata:

  • per il notificante (cioè l’Ufficio che ha proceduto alla notifica dell’avviso di accertamento o di altri atti con la PEC), nel momento della trasmissione, da parte del suo gestore della casella di PEC, della ricevuta di accettazione, con la relativa attestazione temporale di certificazione dell’avvenuta spedizione del messaggio;
  • per il destinatario, alla data di avvenuta consegna contenuta nella ricevuta inviata all’ufficio dal gestore della casella di PEC del destinatario.

Nei casi di deposito telematico dell’atto nell’area riservata del sito Internet della società “Infoca­mere Scpa”, la notificazione si intende perfezionata, per il destinatario, nel quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione dell’avviso nel sito Internet.

Ciò vuol dire che, a tali fini, risultano irrilevanti la mancata lettura del messaggio da parte del destina­tario, come anche cancellazioni sia pur accidentali dello stesso.

Monitoraggio costante dalla propria casella di PEC

Pertanto, è onere dello stesso soggetto destinatario, dotato di una casella di PEC, di prestare attenzione alla frequenza del controllo della casella di PEC, la quale deve quindi essere oggetto di un costante monitoraggio.

Nuovo accertamento tributario con gli indici sintetici di affidabilità fiscale

Vengono istituiti gli indici sintetici di affidabilità fiscale (c.d. “ISA”) per gli eser­centi attività d’impresa, arti o professioni, volti a sostituire progressivamente gli studi di settore e i parametri contabili.

Elaborazione degli indici

Gli indici:

  • sono elaborati con una metodologia basata su analisi di dati e infor­ma­zioni relativi a più periodi d’imposta;
  • rappresentano la sintesi di indicatori elementari tesi a verificare la nor­ma­lità e la coerenza della gestione aziendale o professionale, anche con riferimento a diverse basi imponibili;
  • esprimono, su una scala da 1 a 10, il grado di affidabilità fiscale ricono­sciuto a ciascun contribuente.

Soggetti esclusi dagli indici

Gli indici non si applicano ai periodi d’imposta nei quali il contribuente:

  • ha iniziato o cessato l’attività;
  • non si trova in condizioni di normale svolgimento della stessa;
  • dichiara ricavi o compensi di ammontare superiore al limite che sarà sta­bilito dal decreto di approvazione o revisione degli indici.

Ulteriori cause di esclusione possono essere previste con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze.

Obblighi dichiarativi

I contribuenti cui si applicano gli ISA dichiarano i dati economici, contabili e strut­turali rilevanti per l’applicazione degli stessi. A tal fine l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione i programmi informatici di ausilio alla compilazione e alla tras­mis­sio­ne dei dati, nonché gli elementi e le informazioni derivanti dall’elabo­razione e dall’applicazione degli indici.

Nelle more dell’approvazione degli indici di affidabilità fiscale per tutte le attività economiche interessate, l’obbligo di dichiarazione continua ad applicarsi anche ai parametri e agli studi di settore.

Per migliorare il proprio profilo di affidabilità ed accedere al regime premiale, i contribuenti possono indicare in dichiarazione ulteriori componenti positivi, non risultanti dalle scritture contabili. Tali componenti rilevano ai fini IRPEF/IRES, IRAP e IVA, con l’obbligo di versamento delle maggiori imposte entro il termine di versamento del saldo delle imposte dirette.

Profili sanzionatori

Nei casi di omissione della comunicazione dei dati rilevanti ai fini della costru­zio­ne e dell’applicazione degli indici, o di comunicazione inesatta o incompleta dei medesimi dati, si applica la sanzione di cui all’art. 8 co. 1 del DLgs. 471/97 (da 250,00 a 2.000,00 euro).

Nei casi di omissione della comunicazione, l’Agenzia delle Entrate può pro­cedere, previo contraddittorio, ad accertamento induttivo in base agli artt. 39 co. 2 del DPR 600/73 e 55 del DPR 633/72.

Regime premiale

In relazione al livello di affidabilità fiscale conseguente all’applicazione degli indi­ci, possono essere riconosciuti i seguenti benefìci:

  • l’esonero dall’apposizione del visto di conformità per la compensazione di crediti per un importo non superiore a 50.000,00 euro annui, relativamente all’IVA, e per un importo non superiore a 20.000,00 euro annui, relativa­men­te alle imposte dirette e all’IRAP;
  • l’esonero dall’apposizione del visto di conformità, ovvero dalla prestazione della garanzia, per i rimborsi IVA di importo non superiore a 50.000,00 euro annui;
  • l’esclusione dell’applicazione della disciplina delle società non operative e in perdita sistematica;
  • l’esclusione degli accertamenti basati sulle presunzioni semplici;
  • l’anticipazione di almeno un anno, con graduazione in funzione del livello di affidabilità, dei termini di decadenza per l’attività di accertamento con riferimento al reddito d’impresa e di lavoro autonomo;
  • l’esclusione della determinazione sintetica del reddito complessivo, a con­di­zione che il reddito complessivo accertabile non ecceda di due terzi il reddito dichiarato.

I benefici applicabili in relazione ai diversi livelli di affidabilità fiscale saranno definiti con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.

I benefici relativi alla riduzione dei termini di accertamento, all’esclusione dalle società di comodo e all’esclusione/limitazione da alcune forme di accertamento non operano in caso di violazioni che comportano l’obbligo di denuncia penale per uno dei reati previsti dal DLgs. 74/2000.

Rilevanza degli indici ai fini dell’accertamento

Il livello di affidabilità fiscale derivante dall’applicazione degli indici, unitamente alle informazioni presenti nell’Archivio dei rapporti finanziari dell’Anagrafe tribu­taria, è considerato per definire specifiche strategie di controllo basate su analisi del rischio di evasione fiscale.

Disciplina transitoria

Viene disposta una graduale cessazione della disciplina relativa ai parametri contabili e agli studi di settore, con effetto dai periodi d’imposta per i quali entra­no in vigore i nuovi ISA e per le attività economiche per le quali gli stessi indici sono approvati. Invece, per le attività di controllo, di accertamento e di irro­­ga­zione delle sanzioni effettuate in relazione ai periodi d’imposta antecedenti a quelli in cui si applicano gli indici, si considerano le disposizioni vigenti il giorno antecedente la data di entrata in vigore della L. 96/2017 (ossia il 23.6.2017).