Pagamenti in contanti sanzionati per importi pari o superiori a 1.000 euro dal 1 gennaio 2022

A partire dall’1.1.2022 il limite per i pagamenti in contanti sarà pari a euro 999,99 (soglia di 1.000,00 euro) per tutti i trasferimenti in cui non intervenga una banca o altro intermediario finanziario. Per le operazioni effettuate nei confronti di turisti stranieri (alle condizioni stabilite dalla legge9, resta applicabile il regime di deroga che consente l’utilizzo dei contanti fino a 15.000,00 euro, nel rispetto delle previste condizioni.

Il divieto di effettuare pagamenti in contanti per importi pari o superiori a 1.000,00 euro, dall’1.1.2022, riguarda il trasferimento di denaro contante (e di titoli al portatore) effettuato a qualsiasi titolo (e cioè non vi sono deroghe o eccezioni) tra “soggetti diversi”.

Ad esempio, nel caso in cui debba effettuare il pagamento di una fattura di euro 1.200 euro, si potrà fare il pagamento in contanti per un importo non superiore ad euro 999,99 e per la differenza esclusivamente con strumenti finanziari tracciabili (assegno, bonifico, pos).

Il limite all’utilizzo del denaro contante, quale che ne sia la causa o il titolo, vale anche quando il trasferimento sia effettuato con più pagamenti inferiori alla soglia che appaiono “artificiosamente frazionati”.

Per operazione frazionata si intende un’operazione unitaria sotto il profilo economico, di valore pari o superiore ai limiti, posta in essere attraverso più operazioni, singolarmente inferiori ai pre-detti limiti, effettuate in momenti diversi ed in un circoscritto periodo di tempo fissato in 7 giorni.

Dal punto di vista sanzionatorio, nel caso in cui vengano effettuati pagamenti in contanti, pari o superiori a euro 1.000, si ricorda che è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000,00 a 50.000,00 euro.

Si ricorda inoltre, che è fissato a 1.000,00 euro l’importo a partire dal quale gli assegni bancari, postali e circolari ed i vaglia postali e cambiari devono recare l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità.

Per quanto riguarda l’evoluzione nel tempo delle limitazioni ai pagamenti in contanti di seguito si evidenzia la seguente tabella riepilogativa.

Variazioni dei limiti relativi al trasferimento del contante
Ambito temporale di riferimento Soglia
Dal 9.5.91 al 25.12.2002 20.000.000 di lire
Dal 26.12.2002 al 29.4.2008 12.500,00 euro
Dal 30.4.2008 al 24.6.2008 5.000,00 euro
Dal 25.6.2008 al 30.5.2010 12.500,00 euro
Dal 31.5.2010 al 12.8.2011 5.000,00 euro
Dal 13.8.2011 al 5.12.2011 2.500,00 euro
Dal 6.12.2011 al 31.12.2015 1.000,00 euro
Dall’1.1.2016 al 30.6.2020 3.000,00 euro
Dall’1.7.2020 al 31.12.2021 2.000,00 euro
Dall’1.1.2022 1.000,00 euro

Vietato pagare le retribuzioni ai dipendenti con il contante, soltanto strumenti di pagamento tracciabili

Vietato pagare le retribuzioni ai dipendenti con il denaro contante a partire dal prossimo 01/07/2018 è quanto previsto dalla legge di bilancio 2018 con l’art. 1, comma 910 – 914 della L. 27.12.2017 n. 205.

Per tutti i datori di lavoro e committenti, dal prossimo 4 luglio 2018, sarà tassativamente vietato pagare le retribuzioni ai dipendenti con il contante, e la legge nel caso in cui la norma venga violata ha previsto una sanzione amministrativa pecuniaria fino a 5.000 euro.

A fare chiarezza sulla questione dei nuovi obblighi di pagare le retribuzione ai dipendenti od ogni suo anticipo, è intervenuto l’Ispettorato Nazionale del lavoro, con la nota del 22/05/2018 n. 4538.

La nuova disposizione che vieta di pagare le retribuzioni ai dipendenti in contante, si applica ai:

  • rapporti di lavoro subordinato ai sensi dell’art. 2094 c.c., indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione (es. part time o a chiamata) e dalla durata del rapporto (es. contratto a termine, stagionale);
  • rapporti di lavoro originati da contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
  • contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci, ai sensi della L. 142/2001.

Le uniche eccezioni al generale divieto di pagare le retribuzioni ai dipendenti in contante, sono tassativamente le seguenti:

 

  • rapporti di lavoro instaurati con le Pubbliche Amministrazioni;
  • rapporti di lavoro rientranti nell’ambito di applicazione dei contratti collettivi na­zio­nali per gli addetti ai servizi familiari e domestici (es. colf e badanti), stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
  • borse di studio (Ispettorato Nazionale del lavoro, nota del 22/05/2018 n. 4538);
  • tirocini (Ispettorato Nazionale del lavoro, nota del 22/05/2018 n. 4538);
  • rapporti autonomi di natura occasionale (Ispettorato Nazionale del lavoro, nota del 22/05/2018 n. 4538).

Il pagamento delle retribuzioni o compensi per i suddetti rapporti dovrà avvenire, at­tra­verso una banca o un ufficio postale, mediante l’utilizzo dei seguenti mezzi tracciabili:

  • bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
  • strumenti di pagamento elettronico (es. carte di credito o debito, carte pre­pa­ga­te);
  • pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
  • emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato; l’impedimento s’intende com­pro­vato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non infe­rio­re a 16 anni.

Al datore di lavoro o al committente che viola l’obbligo di pagamento con strumenti tracciabili si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000,00 a 5.000,00 euro.

Il datore di lavoro incorrerà nella sanzione prevista per il divieto di pagare le retribuzioni ai dipendenti con il contante, nelle seguenti ipotesi:

  • quando il pagamento delle retribuzioni ai dipendenti avvenga con modalità diverse da quelle indicate dal legislatore;
  • nel caso in cui, nonostante l’utilizzo dei sistemi di pagamento prescritti, il versa­mento delle somme dovute non sia realmente effettuato (ad es. revoca del bonifico o annullamento dell’assegno prima dell’incasso); in tal caso, infatti, si evidenzia uno scopo elusivo posto in essere dal datore di la­vo­ro/com­mittente.

Pertanto, ai fini dell’applicazione delle previste sanzioni, è necessario non solo che il pagamento sia stato disposto mediante l’utilizzo degli strumenti previsti dalla norma, ma che lo stesso sia effettivo, cioè sia realmente andato a buon fine.

Prelievo di contanti dal conto corrente sotto osservazione per importi superiori a 1000 euro

Il prelievo di contanti dal conto corrente così come l’utilizzo del denaro contante nelle transazioni è da molti anni sotto osservazione, e la legge in diverse occasioni ha previsto specifiche disposizioni normative per la sua limitazione alla circolazione ed al suo utilizzo.

Il presente approfondimento, non riguarda il divieto di effettuare pagamenti in contanti tra soggetti privati per importi pari o superiori a 3.000 euro, ma il prelievo di denaro contante dal conto corrente o dagli sportelli automatici con carte di credito, bancomat o strumenti analoghi.

Prima di tutto, è necessario evidenziare che la legge non prevede un divieto di prelievo di contanti dal conto corrente, e quindi non esistono sanzioni pecuniarie legate alla circostanza che un soggetto si rechi presso uno sportello bancario ed effettui per le sue necessità un prelievo di contanti.

In molti casi, anche a causa di una informazione spesso distorta, presentandosi allo sportello bancario per effettuare un prelievo di contanti, vengono sollevate dall’impiegato bancario diverse questioni, che se relative alla circostanza di non disporre della relativa provvista, appaiono anche giustificate.

Sul prelievo di contanti dal conto corrente, attualmente esistono due disposizioni di legge ben precise, e che riguardano la possibilità da parte delle Autorità fiscali ed investigative, di poter monitorare tali flussi finanziari ed eventualmente rilevare anomalie.

Prelievo di contanti dal conto corrente sospetti

La prima disposizione normativa, è relativa al contenuto previsto all’art. 35, comma 1, del D.Lgs. 231/2007, secondo cui il ricorso frequente o ingiustificato ad operazioni in contante, anche se non eccedenti la soglia di 3.000 euro e, in particolare, il prelievo o il versamento in contante di importi non coerenti con il profilo di rischio del cliente, costituisce elemento di sospetto di riciclaggio o di finanziamento al terrorismo.

Questa disposizione normativa, non dice che non si possa effettuare un prelievo di contanti dal conto corrente, ma soltanto che la banca, in base alle informazioni che ha del cliente e della sua operatività, in caso di anomalie, e senza poterlo comunicare al cliente (poichè nel caso in cui venga riferito al cliente l’impiegato rischia l’arresto e una sanzione che può arrivare fino a 30.000 euro), è obbligata ad effettuare una segnalazione che potrà portare ad indagini da parte della Guardia di Finanza o da parte della Direzione Investigativa Antimafia.

In altre parole, la legge in commento, stabilisce che se il prelievo di contanti allo sportello viene effettuato per importi modesti e comunque legata alla normale operatività del cliente, non vi saranno problemi, in caso contrario, la banca sarà obbligata, e senza poterlo riferire al cliente, ad effettuare una segnalazione per l’operatività sospetta del cliente.

Accertamento fiscale da prelievo di contanti dal conto corrente

La seconda disposizione in commento è quella prevista dall’art. 32 del Dpr. 600/1973, secondo cui i prelievi di contanti dal conto corrente per importi superiori e euro 1.000 giornalieri e, comunque a euro 5.000 mensili, costituisce elemento di attenzione in termini di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate.

In pratica la norma in commento, per il tramite del monitoraggio dei flussi finanziari da trasmettere all’anagrafe dei rapporti finanziari da parte delle banche, stabilisce che i prelievi di contanti giornalieri superiori a 1.000 euro o comunque nel mese di 5.000 euro, costituisce elemento di approfondimento ed analisi da parte dell’Agenzia delle Entrate ed anche del sistema degli approfondimenti investigativi da parte della Guardia di Finanza.

Tale norma, di particolare attenzione per le imprese, presuppone che il contribuente, potrebbe essere chiamato a giustificare i prelievi sopra le soglie indicate, esibendo, trattandosi di soggetti tenuti alle scritture contabili, i relativi giustificativi a sostegno, e nel caso di impossibilità di una adeguata e puntuale evidenza, la legge prevede una presunzione di reddito particolarmente complicata da confutare.

La casistica in argomento, di grande attenzione per le imprese, prevede che ogni volta che si effettuano prelievi di contanti dal conto corrente o a mezzo carta di credito e strumenti simili, nella contabilità vengano forniti i relativi giustificativi, che possono essere tra l’altro ad esempio eventuali scontrini fiscali o fatture, spese documentate da regolare nota di rimborso spese per viaggi e trasferte etc etc.

Prelievo dal conto corrente e appropriazione indebita

Sia chiaro, che nel caso in cui vengano effettuati prelievi di denaro contante anche inferiori alle soglie di cui sopra da parte degli amministratori delle società, senza titolo o senza adeguati supporti documentali a sostegno, si rischia di incorrere nel reato di appropriazione indebita o nei casi di fallimento della società nelle ipotesi di distrazione fraudolenta.

Infatti, l’amministratore di società di capitali o di persone, che si occupa della gestione dell’impresa, può utilizzare il denaro della società solo per soddisfare gli interessi dell’ente, e se usa il denaro proveniente dai conti correnti della società (o qualsiasi altro bene di proprietà della società) per scopi personali o di soggetti terzi, commette il reato di appropriazione indebita punito con la reclusione fino a tre anni.