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La rivalutazione del marchio con importanti vantaggi fiscali e miglioramento della leva finanziaria

La rivalutazione, del marchio presente nel bilancio chiuso al 31/12/2019, oggì è possibile ai sensi dell’art. 110 del DL 14/08/2020 n. 104 che disciplina specifiche disposizioni per la rivalutazione dei beni d’impresa.

Rivalutazione del marchio

Possono essere rivalutati i beni immateriali, presenti nel bilancio chiuso al 31/12/2019, e quindi possono ad esempio essere rivalutati anche marchi, brevetti, diritti etc.

Quanto costa la rivalutazione del marchio d’impresa?

La legge in argomento, a scelta del contribuente, consente alternativamente:

  • di effettuare la rivalutazione del marchio solo ai fini civilistici, e quindi senza il pagamento delle imposte, ed in tal caso il valore del marchio rivalutato non avrà nessun effetto fiscale, sia in termini di ammortamento sia in termini di calcolo della plusvalenza da cessione;
  • di effettuare la rivalutazione del marchio anche ai fini fiscali, e quindi con il pagamento delle imposte i maggiori valori assumono anche valenza fiscale.

Se viene scelta la strada della rivalutazione del marchio con il pagamento delle imposte, occorre versare un’imposta sostitutiva del 3% sulla differenza tra il valore rivalutato e il valore “storico” del marchio. L’imposta sostitutiva è versata in un massimo di tre rate annuali di pari importo con scadenza giugno 2021, giugno 2022 e giugno 2023.

Il riconoscimento dei maggiori valori ai fini delle imposte sui redditi, ad esempio per la deducibilità delle quote di ammortamento, decorrere dal 1° gennaio 2021.

Mentre invece il riconoscimento dei nuovi valori ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze, ad esempio nel caso di cessione dei beni, opera a decorrere dal 1° gennaio 2024.

Nel caso in cui la rivalutazione del marchio viene effettuata anche ai fini fiscali, con il versamento dell’imposta sostitutiva del 3%, la riserva di patrimonio netto iscritta in bilancio a fronte del maggior valore dei beni è una riserva in sospensione d’imposta, che se distribuita genera tassazione anche in capo alla società, ma è possibile affrancare tale riserva con il pagamento di una imposta sostitutiva del 10% ed in tal caso, la distribuzione ai soci di tale riserva non genera più alcun onere in capo alla società.

La perizia per la valutazione del marchio

Poichè in ogni caso il valore del marchio a seguito della rivalutazione, non potrà mai superare il valore effettivamente attribuibile ai beni con riguardo alla loro consistenza, alla loro capacità produttiva, all’effettiva possibilità di economica utilizzazione nell’impresa, nonché ai valori correnti, sarà di assoluta necessità predisporre e conservare apposita perizia di valutazione del marchio.

Miglioramento degli indici per il rating bancario

A prescindere dagli indiscutibili benefici fiscali della rivalutazione del marchio, e tenuto conto che la ratio della normativa in commento è proprio quella di consentire la patrimonializzazione dell’impresa, un aspetto di grandissima importanza è legato al miglioramento degli indicatori di bilancio in cui vi sia la componente del patrimonio netto.

Sappiamo molto bene che le banche sono molto sensibili al rapporto tra i debiti finanziari e il patrimonio netto, e con la rivalutazione del marchio, il denominatore di quel rapporto aumenta e migliora l’indicatore.

Nell’ambito degli indicatori di allerta della Crisi e dell’insolvenza d’impresa, il patrimonio netto viene individuato come un elemento di grande importanza.

Un valore del patrimonio netto negativo o per le società di capitali inferiore ai limiti di legge è un presupposto per la segnalazione dello stato di crisi e costituisce un pregiudizio alla continuità aziendale.

Inoltre sempre con riferimento agli indicatori di allerta per la crisi aziendale, con la rivalutazione del marchio vi è anche il miglioramento dell’indice di adeguatezza della patrimonializzazione che si calcola ponendo a rapporto il patrimonio netto sui debiti dell’impresa.

Rivalutazione dei beni d’impresa con interessanti vantaggi fiscali

Con l’’art. 110 del DL 14/08/2020 n. 104 è stata prevista una nuova disciplina di rivalutazione dei beni d’impresa, che riguarda i beni risultanti dal bilancio 2019 e può essere effettuata nel bilancio 2020.

I beni che possono essere rivalutati

Possono essere rivalutati i beni, materiali e immateriali, che costituiscono immobilizzazioni, nonché le partecipazioni in società controllate e collegate, anch’esse costituenti immobilizzazioni presenti nel bilancio chiuso al 31/12/2019. Con questa nuova disposizione possono essere rivalutati i singoli beni appartenenti alle immobilizzazioni come sopra individuate e non categorie omogenee degli stessi.

Rivalutazione dei marchi

Possono ad esempio essere rivalutati tutti i beni materiali ed immateriali iscritti in bilancio al 31/12/2019, e tra questi si segnala che è possibile rivalutare anche marchi, brevetti, diritti etc.

Quanto costa la rivalutazione dei beni d’impresa?

È possibile, a scelta del contribuente alternativamente:

  • effettuare la rivalutazione ai soli fini civilistici, senza assolvimento di imposte sostitutive, ed in tal caso i valori rivalutati non avranno nessun effetto fiscale;
  • effettuare la rivalutazione anche ai fini fiscali.

In questo secondo caso, occorre versare un’imposta sostitutiva del 3% sulla differenza tra il valore rivalutato e il valore “storico” dei beni. L’imposta sostitutiva è versata in un massimo di tre rate annuali di pari importo con scadenza giugno 2021, giugno 2022 e giugno 2023.

Il riconoscimento dei maggiori valori ai fini delle imposte sui redditi, ad esempio per la deducibilità delle quote di ammortamento, decorrere dal 1° gennaio 2021.

Mentre invece il riconoscimento dei nuovi valori ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze, ad esempio nel caso di cessione dei beni, opera a decorrere dal 1° gennaio 2024.

Nel caso in cui la rivalutazione dei beni d’impresa viene effettuata anche ai fini fiscali, con il versamento dell’imposta sostitutiva del 3%, la riserva di patrimonio netto iscritta in bilancio a fronte del maggior valore dei beni è una riserva in sospensione d’imposta, che se distribuita genera tassazione anche in capo alla società.

È possibile affrancare tale riserva con una imposta sostitutiva del 10% (la quale si aggiunge a quella dovuta per la rivalutazione); in caso di affrancamento, la distribuzione non genera più alcun onere in capo alla società.

La nuova legge per la rivalutazione dei beni d’impresa è molto conveniente poichè l’imposta sostitutiva del 3% è decisamente molto più bassa rispetto alle precedenti leggi di rivalutazione che avevano imposte sostitutive del 12%-14%.

Alcune indicazioni sul bilancio e per gli amministratori e i sindaci delle società.

Nel caso in cui si scegliesse una rivalutazione dei beni d’impresa esclusivamente contabile (cioè senza effettuare il pagamento dell’imposta sostitutiva), a partire dall’esercizio 2021, secondo le indicazioni dei principi contabili (OIC 25), dovranno eventualmente essere stanziate le imposte differite passive a fronte degli ammortamenti indeducibili; queste imposte differite passive potranno essere riassorbite a decorrere dagli esercizi in cui le differenze temporanee si riverseranno ossia a decorrere dall’esercizio in cui termineranno gli ammortamenti fiscali e resteranno in essere solo quelli civilistici.

Gli amministratori e il collegio sindacale nella nota integrativa e nelle loro relazioni dovranno indicare e motivare i criteri seguiti nella rivalutazione che in ogni caso non potrà superare i valori effettivamente attribuibili ai beni con riguardo alla loro consistenza, alla loro capacità produttiva, all’effettiva possibilità di economica utilizzazione nell’impresa, nonché ai valori correnti e alle quotazioni rilevate in mercati regolamentati italiani o esteri.

Giova in questa sede ricordare, in tema di contabilizzazione e di utilizzo della riserva, il richiamo esplicito all’art. 13 della legge 21 novembre 2000, n. 342.

Per quanto riguarda la contabilizzazione del saldo attivo di rivalutazione, per espresso richiamo della nuova norma, si dovranno seguire le indicazioni dell’art. 13 della legge 21 novembre 2000, n. 342, ed è fatto obbligo, infatti, di imputare al capitale o accantonare in una speciale riserva il saldo attivo di rivalutazione, con esclusione di ogni diversa utilizzazione.
La riserva, ove non imputata al capitale, può essere ridotta soltanto con l’osservanza dei commi secondo e terzo dell’articolo 2445 del codice civile (ossia rispettando gli adempimenti per la riduzione del capitale sociale). In caso di utilizzazione della riserva a copertura di perdite, non si potrà far luogo a distribuzione di utili fino a quando la riserva non sarà reintegrata o ridotta in misura corrispondente con deliberazione dell’assemblea straordinaria.